mercoledì 28 maggio 2008

Recensione di amici

Recensione 1
Ne Il filo rosso del destino – romanzo d’esordio della giovane Serena Avezza – tragedie ed aspirazioni, problemi veri e dilemmi futili, amori e catastrofi di un gruppo di liceali si intrecciano sullo sfondo di una provincialissima Torino pre-olimpiadi, in cui «è buona abitudine […] ricordare ogni volto conosciuto perché, prima o poi, è molto probabile rincontrarlo». Il lungo racconto ricalca in parte la vita vissuta – ma sempre fluttuando tra mera realtà ed onirismo – trasfondendo la spensieratezza tipica adolescenziale, che a tratti strappa un sorriso nostalgico al ricordo degli anni del liceo ed a tratti commuove per la sua drammaticità (come non emozionarsi alla lettura dell’amara sorte di Alberto che gioca a fare il centauro?). Numerose vicende s’incrociano con la trama principale del romanzo: singoli capitoli costituiscono racconti perfetti nella loro autonomia ma che rischiano di rendere ambigua la distinzione tra protagonisti e personaggi secondari – ­tutti approfonditi nella stessa misura – rendendo necessario sfogliare a ritroso il volume quando alcuni di questi si ripresentano. Ambientazione alla Culicchia e stile alla Lucentini: nonostante un incipit non troppo incalzante (al contrario dei capitoli successivi!), il romanzo incuriosisce si legge tutto d’un fiato, grazie alla scrittura rapida e discorsiva. É necessario riconoscere all’autrice che questo stile letterario (la definizione “alla Jack Frusciante” davvero non rende giustizia a questo canone di scrittura) – privo di barocchismi e caratterizzato dalla forte presenza del discorso libero indiretto e del linguaggio gergale – presuppone capacità di sintesi ed un’ampia conoscenza di vocabolario, per trasmettere immagini ed idee nel modo più diretto possibile. In altre parole: è uno stile ricercato, e non significa “scrivere come si parla”! Mi sento di consigliare Il filo rosso del destino a tutti i giovani adulti torinesi che – come la sottoscritta – si stanno affacciando alla vita reale: siamo noi che possiamo apprezzarlo al meglio, riscoprendo espressioni, pensieri e luoghi che fino a pochi anni fa sentivamo così nostri, e che ora stiamo dimenticando... Complimenti a Serena ed alla sua forza di rendere reali i suoi sogni.

Dott.ssa Lucilla “Coccodrilla” G. Moliterno



Recensione 2
Il libro tratta una tematica di per sé non originale, ovvero storie di vita liceale, ed un filone romantico alla Moccia: un binomio che potrebbe anche funzionare, probabilmente poco rischioso, che si propone di appassionare tutti i lettori ma in realtà accontenta solo una certa frangia. Serena ha puntato su un romanzo rilassato e poco impegnativo, spensierato, scanzonato e che faccia sorridere il lettore. Personalmente sono un nostalgico dei tempi del Liceo, e avrei voluto trovare elementi che mi commuovessero o che suscitassero tutti i mille rimpianti che mi nascono quando ripenso a quell’età o a quel periodo. Nel libro non ho trovato questo. Certi brani vengono conclusi troppo in fretta, come se ci fosse il timore di spingersi oltre, di spiegare, di approfondire sia le descrizioni psicologiche sia quelle fisiche o comunque ambientali, rischiando magari di sbagliare. E’ una scelta, ma in questo modo il lettore è impossibilitato a giudicare eventuali abilità narrative, semplicemente perché non esposte. L’autrice è attesa a prove più impegnative, magari inerenti lo stesso filone ma con una dose di rischio e di volersi mettere in gioco in più.

Riccardo Ghezzi



Recensione 3
Domandare a un amico di scrivere la recensione di un libro può sembrare un atto estremamente "manovrato", volto a elemosinare sicuri elogi di cortesia. Così non è, con un velo di presunzione posso ritenermi assolutamente slegato dalla stima dovuta a un' amica e collega.Non lo dico per sollevarmi da ogni responsabilità riguardo quanto segue, nè per introdurre parole che, contro ogni possibile aspettativa, possano esprimere tutt' altro che stima e risultare quindi critiche e poco costruttive per l' opera concepita dall' autrice. Anzitutto, vorrei precisare in maniera del tutto esplicita la mia ammirazione per l' oggetto della questione.Personalmente, per un esordio letterario avrei scartato la possibilità di pubblicare un romanzo di formazione, ritenendo di non poter elaborarne a sufficenza gli aspetti psicologici. E lo avrei sconsigliato, se mai me lo avesse domandato, anche a Serena; tuttavia, il lavoro fatto con "Il filo rosso del destino" , maturato a partire da considerazioni personali sulla propria realtà adolescenziale, mi è parso fin dalle prime righe uno specchio ideale di quella realtà che ho vissuto io stesso (mio malgrado) negli anni del Liceo. Il libro si compone di una "manciata" di eventi che si sovrappongono, si accavallano, appaiono collegati in maniera del tutto naturale e mai artificiosa. Il merito più grande dell' autrice, coetanea di chi scrive l' articolo, è probabilmente quello di aver reso una certa compattezza al proprio lavoro, dipingendo una Torino solo immaginata ma estremamente reale, piena di vita; l' espediente utile a tale scopo è l' interfaccia aperta con la quale ci si può rivolgere al libro, libera scelta di una chiave di lettura che, immancabilmente, pone il lettore all' immedesimazione totale nelle vite dei protagonisti. Eguale o simile immedesimazione che, per forza di cose, ha coinvolto molto da vicino tutti gli alter ego che hanno ispirato la stesura del romanzo, tutti (ne sono certo) infinitamente grati a Serena per aver descritto con delicatezza le loro vite del periodo più grigio.Ma di un grigio che, come sicuramente sanno amici e amiche dell' autrice a cui nel testo velatamente ci si riferisce, come scoprirà anche chi, proseguendo nella lettura dei corrispettivi personaggi "romanzati" (ma neanche troppo), avrà modo di riconoscervisi, rimane un colore appena malinconico, forte comunque di un calore profuso da emozioni e sentimenti propri dell' età.Un grigio, insomma, che corrisponde all' immagine stereotipata di Torino; un grigio sorprendentemente vivo e passionevole.

Valerio Rupo



Recensione 4
Serena Avezza, come scrittrice, nasce per me nel settembre del 2003.
Frequentava la terza liceo scientifico, ed è all'incirca a quel tempo, anche, che risale l'inizio della stesura de"Il filo rosso del destino".
In quella stessa aula del primo piano (l'ultima, in fondo) dove sono ambientate alcune scene del libro, e tra quegli stessi compagni che ne sono i protagonisti, la prof.ssa di Lettere dettò quel giorno un banale "tema", che tanto banale poi forse non era : "Il posto del cuore". Lo spunto le era stato dato da un'iniziativa di Tuttolibri, l'inserto de La stampa, su cui noti autori avevano nelle varie settimane di quell'estate scritto un testo ispirato loro dall'argomento. Serena, che nei due anni precedenti si era barcamenata dignitosamente tra i vari compiti in classe, venne fuori a sorpresa con quattro magiche pagine
che portarono l'insegnante, per il tempo della lettura, tra i
profumi, il calore, l'atmosfera della Versilia, abbozzando figure indimenticabili, degne di stare in un film. Tra di esse, Anna, la protagonista indiscussa di tutte le pagine che vennero dopo di quelle, quelle per gli amici, quelle per i vari concorsi (vinti!) e anche
quelle che tutti possono ora leggere in un "vero" libro. Per
goderselo al massimo, certo, bisognerebbe essere stati lì, in quell'aula, aver sentito il ticchettio leggero dei tacchi della prof.
di Inglese, ricordare un certo maglione giallo, rivedere come se lo si avesse davanti agli occhi il gesto inconfondibile di una mano tra i capelli, riconoscere una ragazza dalla descrizione del suo modo di muoversi, arrabbiarsi un poco, sorridendo, per certi particolari atteggiamenti spiati nella sottoscritta e resi con tenerezza e ironia... Ma anche senza di ciò, venite a conoscerci. Diventeremo amici.

La prof.ssa Marino (Mariangela Danzero).



Recensione 5
Premesso che il libro o film con storia “generazionale” non è sicuramente il mio preferito, il tuo libro mi è piaciuto.
Mai sono riuscito a immedesimarmi nei personaggi delle storie che leggevo come con i tuoi. Il tuo modo di scrivere, a volte un po’ abbondante di punteggiatura, ha la capacità far provare fisicamente le gioie e i dolori dei personaggi.
Un po’ di fatica l’ho fatta nel ricordarmi i nomi di tutti i personaggi.

Carmelo


Recensione 6
A dispetto dell’età dell’autrice, ho trovato il romanzo molto scorrevole e di conseguenza facile da leggere. In molte situazioni ho rivisitato momenti della mia adolescenza, con alcuni attimi colmi di nostalgia, ma contento di rivivere le stesse sensazioni venticinque anni dopo grazie all’evolversi delle varie storie di questo gruppo di liceali. La spontaneità e il calore con cui vengono narrati attimi della loro esistenza permette di rendere la storia pari alla realtà quotidiana, con un intrecciarsi di situazioni che obbligano il lettore a ricordare continuamente i vari personaggi. Ma nonostante questo la storia non presenta spezzettature ma anzi analizza con calma diverse situazioni che si accavallano continuamente, in cui i giovani d’oggi si possono riflettere. Un romanzo colmo di sentimenti adolescenziali che rispecchiano l’evolversi del tran tran quotidiano in una città come Torino, ma che riempiono queste pagine di passione e voglia di vivere.
Renato Carrain




Se qualcuno volesse aggiungere la propria recensione la spedisca a
SerenaAvezza@gmail.com e verrà pubblicata (Indicate per favore come firmare il pezzo).

4 commenti:

Anonimo ha detto...

I genitori di adolescenti dovrebbero leggerlo è illuminante.

Gisella

Anonimo ha detto...

Cara Gisella,
ti consiglio di non esagerare! Il romanzo non descrive L'Adolescenza ma UNA CERTA adolescenza. Tipizza un certo modo di pensare, le attività svolte, i locali frequantati da ALCUNI diciassette-diociottenni liceali torinesi. Non credo che il volume si proponga come manuale sull'adolescenza, piuttosto come spaccato della vita quotidiana di alcuni giovani... se un genitore spaurito concludesse che i suoi figli siano come i protagonisti del romanzo... prenderebbe sicuramente lucciole per lanterne!
Ciau a tutti i lettori ed alla super-autrice!
Lusi

Anonimo ha detto...

viva tuttte le Giulie del mondo!!
Giulia

Anonimo ha detto...

Giulia in effetti è proprio un bel nome, non per nulla è il più usato in Italia.